Giurisprudenza

17 novembre 2009    Suprema Corte

Cass. pen., sez. IV, 17 novembre 2009, n. 43978

25 novembre 2009 

Cass. pen., sez. IV, 17 novembre 2009, n. 43978, pres. Campanato, rel. Piccialli -"LA NECESSARIA PERSONALIZZAZIONE DELLA LIQUIDAZIONE DELL'INDENNIZZO PER L'INGIUSTA DETENZIONE SOFFERTA" - Giancarlo GIUSTI 

 

La giurisprudenza consolidata di questa Corte ha più volte precisato che la riparazione dell'errore giudiziario (articolo 643 e segg. c.p.p.), come quella per l'ingiusta detenzione (articolo 314 e segg. c.p.p.), non ha natura di risarcimento del danno ma di semplice indennità o indennizzo in base a principi di solidarietà sociale per chi sia stato ingiustamente condannato o ingiustamente privato della libertà personale. 

Trattasi di una specie di indennità o indennizzo che si ricollega alla figura dell'“atto lecito dannoso”: l'atto lesivo che ne sta alla base è stato infatti emesso nell'esercizio di un'attività legittima (e doverosa) da parte degli organi dello Stato, anche se, in tempi successivi, ne è stata dimostrata (non l'illegittimità, ma) l'erroneità o l'ingiustizia. 

Dalla rilevata costruzione giuridica dell'istituto discende che il giudice è normalmente costretto ad utilizzare, prevalentemente se non esclusivamente, criteri equitativi per la liquidazione dell'indennizzo; anche se, peraltro, non è esclusa la possibilità di utilizzare anche i criteri normativi previsti per il risarcimento del danno. In altri termini, il giudice ben può utilizzare, a tal fine, anche i criteri risarcitori per la determinazione dei danni subiti, patrimoniali o non patrimoniali, limitando il criterio equitativo alle voci di danno non esattamente quantificabili; così come può, diversamente, utilizzare un criterio esclusivamente equitativo, con una liquidazione globale di tutte le conseguenze dell'errore giudiziario. In quest'ultimo caso, il giudice deve esplicitare i criteri o parametri utilizzati che rendano la sua decisione logicamente motivata e trasparente, ancorché fondata esclusivamente sull'equità; qualora invece ritenga di utilizzare i criteri risarcitori, il giudice è comunque tenuto a procedere con il rispetto delle regole civilistiche applicabili al risarcimento del danno, ferma restando la possibilità di applicare criteri equitativi per la liquidazione delle voci di danno che non possano essere provate nel loro preciso ammontare (articoli 1226 e 2056, comma 1, del codice civile, v. in tal senso, Sez. IV, 25 novembre 2003, Ministero dell'Economia e delle Finanze ed altro in proc. Barillà). 

La liquidazione dell'indennizzo previsto a titolo di riparazione per l'ingiusta detenzione va, pertanto, disancorata da criteri o parametri rigidi. 

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno altresì chiarito con due sentenze i principi fondamentali cui aver riguardo nella determinazione dell'indennizzo. 

La prima (v. Cass., sez. Un., 13.1.1995, n. 1, Ministero del Tesoro in proc. Castellani) ha svincolato la liquidazione dall'esclusivo riferimento a parametri aritmetici o comunque da criteri rigidi, stabilendo che si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà; e ciò sia per effetto dell'applicabilità a tale materia della disposizione di cui all'art. 643, comma primo, c.p.p. (in tema di riparazione dell'errore giudiziario)... sia in considerazione del valore dinamico che l'ordinamento attribuisce alla libertà di ciascuno, dal quale deriva la doverosità di una valutazione equitativamente differenziata caso per caso degli effetti della ingiusta detenzione. 

La seconda (v. Cass. Sez. un., 9.5.2001, n. 24287, Ministero del Tesoro in proc. Caridi) ha chiarito le modalità di calcolo del parametro matematico al quale riferire, in uno con quello equitativo, la liquidazione dell'indennizzo, nel senso che esso è costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell'indennizzo di cui all'art. 315, comma 2, c.p.p., ed il termine massimo della custodia cautelare, di cui all'art. 304 c.p.p., espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch'esso espresso in giorni, di ingiusta restrizione subita; questo parametro deve essere moltiplicato per il periodo, anch'esso espresso in giorni, di ingiusta detenzione subita. La citata sentenza ha altresì precisato che il potere di valutazione equitativo attribuito al giudice per la soluzione del caso concreto non può mai comportare lo sfondamento del tetto massimo normativamente stabilito.

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