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171 giorni di ingiustizia: Luigi Scricciolo racconta un'innocenza dimenticata
Daniele Barbieri
[5 Dicembre 2006]

Chiedo a un amico [ex sindacalista Cgil, persona intelligente e più informato della media]: "Ti ricordi di Luigi Scricciolo?». La sua risposta è: "Non era quel bierre infiltrato nella Uil?». Chi legge può fare una sua verifica girando la domanda a qualche altro/a cinquantenne: di Scricciolo il ricordo prevalente è l'arresto e l'accusa... di certo ci sarà poi stata una condanna. Ogni tanto si pontifica sull'ignoranza dei giovani che non sanno dire chi fu incriminato [ma i giudici poi cosa decisero?] per le stragi in piazza Fontana o alla stazione di Bologna ma anche la memoria dei più grandi sembra pericolosamente appannata. Luigi Scricciolo è stato 900 giorni in carcere, accusato di terrorismo e spionaggio. Poi dopo 19 anni - per l'esattezza 7171 giorni - il totale proscioglimento. Dal 6 settembre 2001 i giudici restituiscono a Luigi Scricciolo [all'anagrafe è Luigino] la piena innocenza. Scuse no: lui se le aspettava ma gli accusatori, i giornalisti-torquemada, i tanti amici che di Luigi dubitarono non si sono degnati di cercarlo e dirgli anche solo "ben tornato fra noi e perdonaci se siamo spariti, lo sai erano anni terribili per tutti». Ce ne fosse uno che, con un filino d'ironia - Luigino l'avrebbe apprezzata - abbia infilato in una busta la vignetta di Altan "Dopo i terribili anni di piombo ecco il tranquillo calduccio degli anni di merda» con scritto "scusami» e la sua firma. I mass media non amano le storie a lieto fine e i presunti terroristi piacciono comunque colpevoli. In ogni caso se arrivano rettifiche e assoluzioni si pubblicano in caratteri minuscoli. Così è sparita anche l'innocenza di Scricciolo. Ed è dunque per fare i conti con la sua vita spezzata ma anche per far sapere in giro di essere del tutto prosciolto da ogni accusa - e per vedere chi, almeno ora, si sarebbe fatto vivo con lui - che Luigino ha scritto 20 anni in attesa di giustizia: dal sindacato al carcere, imputazione spionaggio [edizioni Memori, 174 pagine, 14 euri] con una bella prefazione di Mario Capanna e un'accorata introduzione - "- di Daniele Repetto che chiede di "restituire a Scricciolo quella dignità che per troppo tempo gli è stata rubata». Vi sembra troppo? La vicenda piomba sotto i riflettori il 4 febbraio del 1982: durante i Consigli generali Cgil, Cisl e Uil [certo, solo per caso venne scelto quel giorno e un tale scenario pubblico; chi credesse il contrario sarebbe un maligno...] al "dottor Scricciolo» viene notificato un mandato di cattura. Un colpo grosso: Luigino è responsabile del Dipartimento internazionale della Uil. Un doppiogiochista in combutta con i bulgari e con le Br si dice e scrive di lui; già che c'è si becca anche "concorso esterno» per il rapimento del generale statunitense James Lee Dozier. Erano anni così: leggi [e istruttorie] speciali, garanzie dimenticate, linciaggi mediatici. Oltre alla vicenda pubblica c'è la parte più intima. A pochi mesi dall'arresto la moglie di luigi chiede il divorzio. Vi sono tutte le peripezie kafkiane di chi incappa in quel groviglio che viene definito "giustizia". Tanto tempo fa un galantuomo come Salvemini sussurrò che se lo avessero accusato di aver violentato la Madonnina del Duomo prima sarebbe scappato e poi avrebbe pensato a una linea difensiva. Nel suo diario Luigino annota che una stampa di Van Gogh insospettisce gli inquirenti "e viene controllata minuziosamente». Leggendolo riaffiora nella mia memoria il racconto di un compagna latinoamericana: durante il golpe in Cile gli sbirri e i militari erano talmente ossessionati dal distruggere ogni traccia di Cuba che, senza porsi un dubbio, bruciarono anche tutti i libri d'arte e di storia che parlavano del cubismo. Nella prima parte di 20 anni in attesa di giustizi le vicende drammatiche [l'isolamento, lo sciopero della fame, una cella "con schizzi di sangue e caffè»] si mescolano a flash più lievi: la guardia gentile che ti dà un consiglio saggio mentre gli altri ti trattano da cane oppure le lettere - viste "per censura» - degli amici che per un attimo ti fanno sorridere... e che comunque credono che si tratti di un errore... La seconda parte del "diario minimo"di Luigino è più biografica e intima. Avanti e indietro nel tempo per raccontare un figlio di contadini a mezzadria che si ritrova ventenne giusto nel 1968, che è tra i fondatori di Democrazia proletaria e poi sceglie di far politica [qualcuno dei suoi ex compagni per questo lo giudicò un venduto, un traditore] nella Uil. Gli incontri con Solidarnosc, il Fronte Polisario, Agostinho Neto, Olof Palme, il Nicaragua, il Libano. Il ricordo di Walesa che non ama "i sindacalisti occidentali con la cravatta» affiora mentre Scricciolo al collo non ce l'ha... in cella è vietata. Ottenere, a oltre due anni dalle manette, gli arresti domiciliari è una vittoria; ed è bello "svegliarsi a casa» ma - scrive - "la mia vita ora è come un lago senza vento». In ogni caso bisogna partire da zero: riscoprire la passione delle piante per inventarsi il mestiere di giardiniere ... fino a che nel maggio '90 arriva una legge che impone la riammissione in servizio di persone in istruttoria e dunque Luigino viene reintegrato allo Scau, nel suo vecchio lavoro. A otto anni dall'arresto senza un processo; e ci sarà qualche corvo a gracchiare che in Italia c'è troppo garantismo. Una regola, tutto sommato saggia, del giornalismo suggerisce di scrivere solo in casi eccezionali su vicende nelle quali si è coinvolti. Sicuro che Carta sarà d'accordo mi autorizzo da solo a decidere che essere un vecchio amico [di scuola e poi di militanza comune nel '68 e dintorni] di Scricciolo non è un impedimento a parlare di lui. Fui tra i pochissimi all'epoca a giurare sulla sua innocenza. Mi spiacerebbe oggi essere fra i pochi a suggerire la lettura di questo libro scomodo. "E' uscito da un mese ma pare che non interessi a nessuno»: è la voce amareggiata di Luigino all'altro capo di un telefono. Sembra andare così: ne scrive, accorato e lucido, Stefano Tassinari sul quotidiano Liberazione ma i giornalisti di gran nome, gli esperti di processi, i "dietrologi", i pistaroli , i tuttologi dove sono? Se questo libro passerà inosservato non sarà per distrazione, per fare un altro piccolo sfregio a Luigi o soltanto per i perversi meccanismi dell'informare ["le cattive notizie sono buone notizie, delle buone notizie non ce ne fotte» è il motto dei media sedicenti grandi]: sarà anche per la paura di ragionare sulla recente storia d'Italia, sui meccanismi della giustizia e della politica, sull'intreccio fra il classismo di sempre e le lotte fra i nuovi Palazzi. Oltre alla politica e alla storia, così importanti, comunque ci sono persone, amicizie, sogni ingenui, lacrime e sorrisi. Non ricordo più se nel '67 o dopo mi trovai con Luigi a leggere una frase che suonava all'incirca così: "Nel '900 chiunque si impegni per costruire un mondo migliore probabilmente passerà almeno qualche volta in qualche carcere». Si finiva in galera per motivi politici nell'Est Europa come negli Usa, nei regimi del Medio Oriente come nelle democrazie europee... Ci chiedemmo: succederà anche a noi? Io sono stato molto fortunato: per essere un sessantottardo ... qualche denuncia più o meno assurda con soli 10 giorni in cella: una pacchia. Le sue scelte sono invece costate 7.171 giorni di ingiustizia a Scricciolo. Una vita spezzata in due. Ora è un uomo molto diverso con entusiasmi minori, idee talvolta più prudenti e spesso la timidezza ingabbia la sua spontanea frenesia di fare. Eppure non è del tutto differente dal mio amico che voleva costruire una società più giusta. In silenzio, tempo fa, Luigino si è iscritto a Rifondazione. Gli anni e i chilometri ci hanno separati ma la voglia di non arrendersi ci riavvicinano. Pensieri privati o nostalgia di vecchi amici? Quasi giurerei di no.